Il capitano,
sorseggiando
un tè corretto al
curaro
per prevenire
l’insorgere
di patologie dentali
e di fatali nostalgie,
bestemmia sulla tolda
della nave
(ruggine e ricordi
ammucchiati
alla rinfusa in fondo
alla stiva) –
come ci si sente con
tre ore di sonno
e un appuntamento
all’alba
con il plotone
d’esecuzione? –
un pianista di jazz
piange nella notte
per una nota sbagliata
che ha spezzato il suo
groove
e un fidanzamento
di sette anni e mezzo
in sei ottavi, accordi
di quinta diminuita,
ostinato in battere –
ma la nave è alla
fonda
ormai da vent’anni
e il capitano è un
vecchio pazzo
molto più saggio di te
e me,
che soffriamo il mal di
mare
ad ogni più piccola
onda
e barcollando
inseguiamo
un’illusione di
terraferma
su cui sentirci al
sicuro.
Nessun commento:
Posta un commento