da viaggi inimmaginabili
alla ricerca di te stessa
in città lontanissime
fin troppo conosciute,
dove non c’è nulla di esotico
e il cambio è favorevole –
sei sempre così presente
anche quando non ci sei:
il tuo modo di essere,
un’assenza familiare
da giugno a settembre,
quando il calore va fuori controllo
e i pensieri si liquefanno
nelle ore diurne
per riformarsi la notte,
come cubetti di ghiaccio
lasciati ad annegare
sul fondo di un bicchiere
dimenticato sul tavolo –
e intanto scruto il soffitto
sperando di vedere i tuoi occhi
a bordo del volo che ti riporta a casa,
troppo pigro per concentrarmi
sul concetto di te nella stanza
dietro le tende listate a lutto –
disteso sul letto, ascolto
lo scorrere delle distanze
come un nastro che si riavvolge
svelando un nuovo senso
per ciascuna frase, parola,
monosillabo o omissione,
ogni giro più veloce
fino al fatidico clic –
lo scatto della serratura,
il profumo dei passi –
gli aeroporti che piangeranno
la tua mancanza e i tassisti
che racconteranno a turisti
increduli di averti vista –
e io che neppure conosco
l’espressione del tuo viso
quando cammini sul tappeto
stando ben attenta
a non calpestare il pavimento –
allora faremo molto sesso
e lasceremo che il mondo
vada in rovina senza di noi.